Abstract:
"Il presente lavoro analizza il processo di ricostruzione successivo al sisma in Emilia (2012), con un particolare riferimento alla qualità dell’abitare nei centri storici più danneggiati. L’abitare, infatti, può essere considerato un bene comune (common), ovvero un processo sociale che garantisce la sostenibilità dell’uso (e della rigenerazione) degli spazi pubblici e del patrimonio edilizio nel suo complesso. In questo contesto, sono dapprima analizzati gli effetti che il sisma, come shock esogeno, ha prodotto sul sistema delle risorse, evidenziando le regolarità osservabili nei danni a patrimonio industriale, rurale e residenziale. La distribuzione dei danni a “macchia di leopardo”, infatti, non sembra essere legata, unicamente, alla casuale propagazione delle onde sismiche ma anche ad una precisa geografia dei “processi d’impoverimento” del territorio e del suo edificato (abbandono, mancata manutenzione e mancato adeguamento strutturale e sismico degli edifici), rispetto alla quale il terremoto ha agito come acceleratore (o catalizzatore) dei processi storici. Successivamente si prendono in esame i principali processi che stanno interessando le relazioni che governano il sistema, nella fase della ricostruzione, tentando di fornire una sorta di mid-term evaluation. L’analisi mette in evidenza le principali scelte fatte dal legislatore, in termini di priorità di intervento e di strumenti adottati. Emerge come la ricostruzione in Emilia sia rappresentata dal tentativo di individuare un punto di equilibrio tra: velocità dell’intervento di ricostruzione; prevenzione/mitigazione dell’emergere dei conflitti tra privati cittadini nelle decisioni legate alla ricostruzione; necessità di realizzare un intervento di ricostruzione unitario (specialmente nei centri storici). Il limitato utilizzo delle UMI (unità minime d’intervento) nei centri storici dei comuni d’Emilia colpiti dal sisma è esemplificativa, in tal senso."