Abstract:
"Come può una paura collettiva influire sulla progettazione territo-
riale e sulla modificazione, eventuale, del paesaggio, attestando una differente condizione di presenza antropica sul territorio? Lontano da qualsivoglia analisi di tipo psicologico, si proverà a intravedere che tipo di rapporto possa sussistere tra la percezione «collettiva» di un pericolo naturale, di un rischio idrogeologico, e la progettazione della presenza umana sul territorio, con particolare riferimento al caso emiliano, dove si sta forse verificando – a partire dal sisma che ha colpito la regione nel maggio 2012 – un passaggio da una paura delle esondazioni fluviali a quella, palpabile ad un primo contatto diretto con la popolazione, delle scosse di terremoto. Si tenterà così di individuare quali possibili modificazioni territoriali potranno verificarsi in questa «transizione fobica» – se si riterrà di poter confermare questa supposizione – e quali differenze potranno emergere dalla percezione del differente pericolo. L’idea di questo contributo – distante per certi versi dai temi più propri agli interessi di ricerca personali – nasce a partire da un seminario itinerante svoltosi tra novembre e dicembre del 2012 sui luoghi del sisma emiliano, organizzato dalla Società Geografica Italiana per la cura scientifica di Gianluca Casagrande. Durante quell’esperienza, condivisa con circa quindici altri giovani ricercatori provenienti da diverse 56 sedi universitarie, si è avuto modo di verificare sul campo le conseguenze del terremoto, in un percorso che in due giorni ci ha portato a conoscere di persona gli effetti del sisma sulle città, sul tessuto industriale e sugli impianti di bonifica regionali. In un confronto costante
con le popolazioni locali, con i cittadini, con le amministrazioni e le istituzioni, una considerazione che pressoché sempre è emersa è la impreparazione – psicologica anzitutto, ma anche di infrastrutture – a fronteggiare un pericolo differente da quello delle acque. Nei diversi dibattiti affrontati, infatti, si è molto spesso messo in rilievo la difficoltà nel gestire una percezione di disastro naturale legata non più all’elemento acquatico – com’era stato per secoli, contraddistinguendo la fisionomia territoriale e di azione umana sul territorio emiliano – ma alle scosse della terra, inaspettate e perciò assai più distruttive. L’idea di proseguire su tale ragionamento – e cioè di verificare che differenze possano esserci nella progettazione in base alle diverse valutazioni del rischio ambientale – nasce anche da un interesse maturato per il contesto olandese d’età moderna, che pare offrire la possibilità di un confronto costruttivo e ancor più esemplificativo, di come la percezione
dei disastri naturali possa condizionare il paesaggio e la presenza umana sul territorio."